I giornali l’avrebbero battezzata ‘Death House Landlady’, ergo la padrona di casa della morte. Dorothea Puente (59), la nonna killer.
Siamo a Sacramento. Dorothea Puente finisce in carcere, a seguito del ritrovamento di ben sette cadaveri all’interno della sua proprietà. Si trattò di una delle più prolifiche serial killer femminili. Le furono infatti attribuiti dai nove ai quindici omicidi, ma è probabile che fossero molto di più. Il suo aspetto rassicurante, la sua chioma bianca, nascondeva in realtà uno spirito assassino, appassionato nell’avvelenare le sue vittime.
Dorothea Puente
La storia di Dorothea, nata a Helen Grey, inizia nel 1929 a San Bernardino, nel Golden State, in California. Sua madre è una prostituta alcolizzata, suo padre un veterano della Prima Guerra Mondiale, malato di tisi. Dorothea non ha un’infanzia serena, viene maltrattata, picchiata, lasciata sola e senza cibo.
Spesso, suo padre minaccia il suicidio davanti ai suoi occhi, puntandosi una pistola alla testa. Morirà di tisi per i polmoni malandati. Dorothea resterà orfana presto, finendo in un orfanotrofio di Sacramento, un luogo terribile in cui subirà perfino abusi sessuali.
Anche è soprattutto causa di quest’ultimi, si palesa per la prima volta la sua attitudine alla bugia e alla falsificazione. Dorothea dice a tutti di essere nata in Messico e di avere diciassette fratelli. A sedici anni scappa per sposare un giovane soldato reduce di guerra, da cui avrà due figli che dà subito in adozione subito.
Ben presto suo marito si stanca della vita di coppia e l’abbandona, ma Dorothea dirà che l’uomo è morto per un attacco di cuore. Risposa Axel Johansen, un uomo violento. Per anni Dorothea entra ed esce dal carcere tra accuse di frode e prostituzione. Arriva finalmente l’incontro con Roberto Puente, ossia il suo terzo marito.
Viene arrestata nel ’78 per aver falsificato le firme per ricevere gli assegni di disabilità dei suoi inquilini, e riceve la diffida dall’assistere persone disabili. In realtà la donna aveva commesso e stava continuando a commettere ben altro: avvelenare le proprie vittime per poi seppellirle nel giardino di casa, intascando quindi le sovvenzioni statali dei poveri malcapitati.
Una storia macabra quanto oscena, degna di una vera drammaturgia a tinte horror.